È giunto il momento di parlare di loro, dei due fratellini che ho messo al mondo. Credo che non ci sia momento più magico e appagante per una mamma (e un papà) se non quello in cui riesce a intercettare la complicità tra gli sguardi dei suoi cuccioli… quell’intesa, quell’empatia immediata e naturale che solo due fratelli riescono cosi semplicemente a creare… e quando colgo questo magico sentimento vorrei poter davvero fermare il tempo, scattare un’istantanea con il cuore, che potesse esprimere il fiume di soddisfazione, di vita che mi scorre nelle vene… quell’attimo in cui tu, come genitore ti senti pienamente appagato e non ti serve proprio nient’altro al mondo, niente di niente.
E anche semplicemente vederli giocare insieme con quella voglia di interagire e di misurarsi è un bel traguardo. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che mettere al mondo un fratellino fosse la cosa migliore da fare, ma ero pronta ad un primo periodo di sconcerto che Pietro avrebbe potuto esprimere nelle più svariate misure e modalità. Lui è sempre stato il nostro “gioiellino” e su di lui erano concentrate da ormai 4 anni tutte le nostre attenzioni… come far capire a un bambino che dall’oggi al domani sarebbe cambiata per sempre la sua vita?!? E non venitemi a dire che cosi non è… quando arriva un nuovo “cosino” in casa è una vera e propria rivoluzione, in termini di spazio, di tempo, di attenzioni, di ritmi… E se, per il primogenito questa rivoluzione interessa principalmente solo i genitori, per il secondo arrivo gli impatti ricadono inevitabilmente anche sul primo che all’improvviso diventa il fratello maggiore, il “grande”. Un carico di responsabilità eccessivo da ritrovarsi così sulle spalle da un giorno all’altro, soprattutto per un maschietto che non ha voglia di accudire un bambolotto rompi scatole che piange, si fa la cacca addosso e non sa fare nulla di interessante… E allora iniziano quei “patetici” teatrini che vedono impegnati tutti i membri della famiglia a fingere di ignorare il piccolino e di considerare solo il grande, perché se no poi diventa geloso…. Ora diciamo che nel mio caso la fortuna mi ha molto assistito perché Pietro è sempre stato un bambino piuttosto egocentrico (forse perché abituato cosi o forse per indole) e quindi i suddetti teatrini erano per lui motivo di soddisfazione… viceversa Gioele nei suoi primi mesi di vita ha sempre cercato di passare inosservato: a lui bastava mangiare tanto e bene e poi per il resto più lo lasciavi in pace e più lui era tranquillo… anzi le eccessive attenzioni erano per lui fonte di stress.
I primi mesi sono volati in fretta e con facilità… Pietro ogni tanto se ne usciva con la frase: “posso prendere in braccio Gioele?”… lo stringeva qualche minuto e poi era soddisfatto. Il concetto di “fratello” sembrava semplice da gestire e si limitava a rinunciare a un po’ di tempo esclusivo da condividere con quell’affarino che più di tanto non disturbava … Pietro con i suoi occhietti curiosi osservava tutti i piccoli progressi del nanetto e quando gli dicevo “vedrai un giorno imparerà anche a giocare con te” sembrava piacevolmente incredulo che ciò potesse davvero accadere. E io mi godevo beata questa pacifica convivenza ignara che di lì a poco mi sarei dovuta tramutare calandomi in quel, a parer mio, odioso e antipatico ruolo dell’arbitro… proprio quel soggetto che, durante le poche partite di calcio a cui ho assistito, ho sempre da un lato detestato per le sue facce artificialmente autorevoli e serie e dall’altro mi ha sempre fatto tenerezza perché costretto a subire mille proteste perché non in grado di essere giusto. Ecco proprio io che non ci ho mai capito niente di fuori gioco, fallo, rigore, proprio io che spesso non ho tutta questa propensione a capire chi è dalla parte del giusto e chi ha torto, proprio io che non sono capace di analizzare le situazioni con razionalità ma ragiono sempre di pancia… ecco secondo voi come posso gestire questo ruolo di mamma arbitro in mezzo a due urlanti figli che invocano a gran voce giustizia per un gioco strappato di mano, per un cartone animato da guardare, per chi prima deve entrare o uscire dal bagnetto?!? Me ne chiamo fuori il più possibile lasciando che siano loro a misurarsi, con la speranza che istaurino una dinamica di equilibrio … e le volte che da soli si accordano è così logico che mi parrebbe che tutti i problemi del mondo dovrebbero essere dati da risolvere ai bambini Spesso mi tocca intervenire allora lì cerco di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, di consolare la parte lesa, di spiegare al prepotente di turno che non deve “aggredire” e di dire alla “vittima” di non lagnare troppo… in fondo non è successo nulla! Comunque questo ruolo non fa per me… per fortuna, come già detto in altre pagine, loro si resettano seduta state e riprendono le loro attività più o meno burrascose e i loro giochi… più crescono e più mi accorgo che hanno bisogno di interagire, hanno bisogno l’uno dell’altro e il loro confrontarsi è molto stimolante per entrambi…e allora cerco di immaginare che tipo di fratelli saranno un domani: quelli che sono nella stessa compagnia e che condividono tutto, quelli che hanno interessi completamente diversi, quelli che si rispondono male ma si adorano, quelli che uno la fa e l’altro la copre…. Non ne ho idea, è troppo presto per dirlo e non importa… in fondo quello che davvero mi auguro con tutto il cuore è che sappiano sempre rispettarsi e darsi una mano quando serve, che si stimino e che si vogliano un gran bene… per ora mi godo quelle risate che fanno scoppiare all’improvviso quando si parlano con il loro linguaggio bambinese che noi adulti abbiamo perso… quelle risate a cuore spalancato che solo un fratello può condividere con te.